Cesare e Attilina, due ex trapezisti ormai in pensione, un tempo compagni di vita e di palcoscenico, vengono chiamati per esibirsi in una “serata d’onore” e ricevere l’ambito premio di tutti i circensi: il trapezio d’oro.
Non si vedono da oltre trent’anni, dal giorno in cui il destino li ha divisi per sempre (per sempre… fino ad oggi!). Viaggiando a ritroso nel tempo attraverso l’escamotage dei flashback, le due “lucciole del circo”, come venivano chiamati nel momento del loro massimo splendore, si raccontano al pubblico accarezzando tutti i capitoli più significativi della loro relazione: dal primo incontro da bambini, allo sbocciare del loro amore fanciullesco, fino all’apice del loro percorso artistico in età adulta, che – “coup de théatre” – coincide esattamente con il loro distacco. Ma cosa riserverà davvero questo premio? In pista, però, non vedremo avvicendarsi soltanto i due protagonisti, ma tanti altri personaggi che gravitano dentro e fuori lo chapiteau (Dimitri, il lanciatore di coltelli, Fortuna la veggente, Betta la domatrice di leoni, Mariuccio bello bello, il clown), in una commedia musicale tragicomica che si fa metafora di un’arte, come quella circense, che, oggi più che mai, ci appare come un “tramonto straordinario” (chi non ama contemplare i tramonti?) per narrare la linea sottile che intercorre fra il cielo e la terra, il palco e la quotidianità, fra la realtà e la fantasia.
Un inno allo spettacolo dal vivo e a tutti gli artisti del circo che, proprio come i teatranti, scrivono sull’acqua e nel cuore del pubblico.
In un momento storico come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da sempre più rapidi cambiamenti causati dalle inarrestabili evoluzioni tecnologiche e in cui, anche nel campo artistico, si respira il timore della sostituzione dell’umano da parte dell’Intelligenza Artificiale, dell’uomo da parte di una macchina perfetta, qual è il compito del teatro e dei suoi attori, spesso e volentieri, così imperfetti? La nostra personalissima risposta è che, oggi più che mai, si avverta la necessità di salvaguardare almeno una forma di intelligenza imprescindibilmente umana e della quale vorremmo continuare a poter disporre, ovvero “l’intelligenza sentimentale”, dato che, quando si parla di emozioni, non c’è surrogato tecnologico che tenga. Ebbene, la storia che abbiamo scelto di raccontare è figlia di un’urgenza creativa genuina e onesta che, alla fin fine, risponde solo alle regole del cuore.
“Il futuro non è sempre avanti, a volte bisogna fermarsi e tornare indietro per raggiungerlo”.