Premio Nazionale Franco Enriquez 2024 – Città di Sirolo XX edizione
a Paola Fresa cat. Teatro Teatro Classico e Contemporaneo
sez. Migliore Attrice e Autrice
Premessa
Penelope è emblema dell’attesa. Aspetta Ulisse, sposo ed eroe, partito vent’anni prima per una guerra dalla quale tutti gli altri Achei hanno fatto ritorno. Perso nel mar Mediterraneo, naufrago su diversi lidi per volere di Poseidone, Ulisse è protagonista leggendario di una narrazione che attraversa i secoli.
Penelope invece la guerra ce l’ha in casa: sola al comando di Itaca, assediata da pretendenti che rappresentano una minaccia per suo figlio, attende e sopporta, si oppone al potere maschile per i mezzi che il suo tempo le offre, contrapponendo all’arroganza dei Proci la sua caparbietà femminile.
Nonostante questo, ben poco si conosce della vita di Penelope, la sua storia personale è narrata da un punto di vista maschile, per lo più in relazione al suo ruolo di moglie e madre.
Drammaturgia
Una ricostruzione letteraria della biografia di Penelope2 è il presupposto al lavoro drammaturgico che segue i dettami propri del processo di “ricalco”3 secondo cui una storia nota viene sottoposta a un’operazione di riscrittura attraverso tre passaggi: riduzione, astrazione e interpretazione. Sulla base dell’applicazione di questo schema, la vicenda originaria rimane riconoscibile ma solo alcuni dei temi che suggerisce convergono nella riscrittura, pur nel rispetto filologico di quanto riportato dalla letteratura precedente.
La domanda dalla quale siamo partiti è dunque chi è Penelope oggi. Una donna che aspetta per anni un uomo che non sa dire se sia vivo o morto, di cui riceve nel tempo informazioni frammentarie, più vicine al “si dice” che alla realtà dei fatti. Una madre che cresce da sola un figlio che, a sua volta, non ha mai conosciuto il padre e che, nutrito dal suo ricordo, si appresta a diventare un uomo.
Il processo drammaturgico parte quindi dall’etimologia del nome “Penelope”, anatraccola, con esplicito riferimento a quell’episodio dell’infanzia del personaggio secondo cui la futura moglie di Ulisse fu vittima di un tentativo di affogamento da parte del padre. Nell’interpretazione che della vicenda nota si vuole dare, questo accadimento fa della nostra Penelope un personaggio traumatizzato.
Con questa drammaturgia, s’intende indagare:
– Il tema del femminile in relazione al modello proposto dal mito nel suo rapporto con la contemporaneità
– Il rapporto fra educazione e identità personale
– Il binomio attesa/abbandono
– Il tema del trauma
– Il tema della maternità
– Il rapporto con il maschile, nell’asse costituito da padre-marito-figlio.
Messinscena
Utilizziamo il teatro come luogo di indagine e comprensione. In uno spazio chiuso, asettico, come un laboratorio di analisi, mettiamo sotto il microscopio l’iconica storia di Penelope, cerchiamo di restituire alla figura universale del mito il suo sguardo negato, quello della donna che l’ha subito-vissuto, riconoscendole così una funzione attiva nella narrazione della sua vita.
La nostra P, bloccata in questo spazio, itera il suo fare e disfare la scena – come la Penelope omerica faceva e disfaceva la tela – raccontandosi, ricostruendo il suo passato e immaginando il suo futuro. P ripercorre la sua esistenza segnata dal rapporto con il padre, trascorsa aspettando un uomo che non è mai tornato, interrotta per un figlio che, una volta cresciuto, ha scelto di non aspettare e di partire. In una sorta di confronto tra le triadi dei ruoli maschili e femminili: padre, marito, figlio e madre, moglie, figlia.
La chiave ironica con cui affrontiamo queste tematiche universali, riporta immediatamente l’indagine intorno al mito al nostro vivere contemporaneo, restituendoci un’educazione sentimentale al femminile che vuole mettere al centro la ricerca della felicità.