Le streghe sono donne comuni.
Che non diresti mai che sono streghe.
Perché si travestono.
Per non sembrare ciò che sono.
Per passare inosservate.
E poter così, catturare un bambino.
Le streghe odiano i bambini.
Questa è una storia in cui l’impossibile accade. Un gioco tra una nonna e un bambino, che diventa realtà.
C’è una nonna che si muove tra magia e verità. C’è un piccolo eroe che guarda al possibile e oltre, che cambia “ciò che è”, e apre a un mondo nuovo.
Uno spettacolo liberamente ispirato all’opera letteraria di R. Dahl che attraverso il teatro di narrazione e quello di figura guarda all’impossibile, ed esplora alcune tematiche fondamentali dell’infanzia: l’incontro con le paure, il loro riconoscimento e la possibilità di superarle, di trovare soluzioni e farsi coraggio; ma anche la forza del fare, l’istinto del creare, il diventare grandi sapendosi trasformare, accettandosi e diventando, perché no, dei piccoli eroi.
La ricerca
Guardiamo all’area potenziale a cui il bambino aspira e che muove il suo sviluppo, l’universo di irrealtà che il bambino può e deve abitare, che è alla base della progettualità futura e quindi dell’essere e dello stare nel presente. L’obiettivo è distruggere il disincanto. E aprire le porte al “tutto è possibile”. E insieme guardiamo a cosa poter fare come adulti. A come poter affiancare la crescita. A come, dove e quando assumersi le responsabilità verso infanzia e giovinezza.
Perché questo è ciò che ci ha fatto più paura in questo ultimo tempo. E di questo, nel nostro lavoro quotidiano con bambini e giovani, vediamo i peggiori effetti. Abbiamo scelto una storia in cui svanisce il confine tra reale e fantastico. In cui l’adulto accompagna quel fantastico che abita i bambini, ci crede e lo vive, facendo sì che la magia si realizzi e l’impossibile accada.
Tutto questo non in una solitudine delirante e sterile, ma all’interno di una diade importante e fondante, che è quella che lega una nonna e il suo nipotino. Perché è questa la forza dell’infanzia. Muoversi nel regno del possibile. Che è il regno del gioco, dell’immaginazione, della fantasia. Dell’appercezione creativa. Per conoscere, apprendere, cambiare, progettare, crescere. Decidere cosa fare da grandi. Decidere di fare grandi cose. O perché no, anche cose piccole. Per generare cambiamento e quindi staccarsi dalla realtà così com’è, è necessario riferirsi alla verità potenziale dell’esperienza, forzare la realtà e concentrarsi su una dimensione di possibilità. E prefigurarsi la possibilità come vera (motivante, illuminante) in sé. Anche se ancora non realizzata, anche se ancora non esiste, ma è da realizzare.
Si tratta di guardare e sostenere quell’insieme di forme pure, ideali, astratte, che compongono l’universo simbolico dell’infanzia e della giovinezza e che vanno intese come figure potenziali, disponibili e necessarie per dar vita al proprio progetto esistenziale. Ciò che non è ancora, che appare impossibile, che non è vero e non c’è. Che fa parte dell’irreale. che viene immaginato. Per questo abbiamo scelto STREGHE.
Perché, con la semplicità di un racconto, abbattendo il confine tra ciò che esiste e non esiste, tra ciò che è vero e ciò che non lo è, apre al possibile. Alla possibilità dell’infanzia di spiccare grandi salti, una possibilità che si fa concreta laddove il terreno sotto i piedi è stabile e forte. Laddove a fianco del bambino l’adulto si pone come presenza attiva, rassicurante e stimolante, una presenza che contribuisce al costituirsi del fondamento identitario. Perché è così che ci si apre alla possibilità di vedere oltre quello che c’è, alla possibilità di adattarsi ai cambiamenti, di immaginarsi futuri sempre nuovi, alla possibilità di poter prendere in mano la propria vita con fiducia e coraggio.
Età consigliata: 3+
Teatro d’attore, di narrazione e di figura
Durata: 50′ circa