Lo spettacolo andrà in scena alla Casa del Teatro di Faenza (via Oberdan 9/a).
Si ringrazia il Teatro Due Mondi per la collaborazione.
“Quando tutto finirà sarebbe meglio non tornare come prima. Quando tutto finirà sarebbe meglio garantire la difesa della salute delle comunità e del pianeta e ridare peso al sapere. Riorganizzare in modo civile la divisione dei compiti e dei ruoli. È tempo di una qualità diffusa e facilmente eccelsa.”
Queste parole sono tratte dall’ultima email che Saturno “Nino” Carnoli, dodici giorni prima di morire, ha inviato ai suoi amici più cari. Una vocazione e un’attitudine testarda a rimanere pensante fin sulla soglia. Era il marzo del 2020, prima ondata di Covid, l’Italia resta a casa, gli spostamenti fuori dalle mura della propria abitazione sono permessi solo in casi rarissimi.
Questa azione teatrale ha il compito di ricordare Nino Carnoli che, come si comprende anche dal suo ultimo scritto, ha vissuto sentendosi sempre parte di un NOI. Una vita furiosamente cittadina, ravegnana, che non ha perso mai i legami con il mondo, dalla Parigi del maggio del ’68 a Pompei dove si fece promotore e interprete della riproduzione di un antico mosaico. Una vita spesa tra politica, arte, artigianato, ricerca storica, insegnamento, editoria, grafica. Una vita anarchica. Vitale fino alla fine, sempre che ci sia una fine. A Ravenna è stato etichettato per lo più come provocatore. Nulla di più falso e banale.
Abbiamo scritto il testo dopo una richiesta bellissima e inaspettata della sua compagna. Abbiamo accettato di getto. Poi sono passati due anni in cui riflettere su quella decisione istintiva per arrivare a uno scritto che parlasse a tutti, ravennati e forestieri.
Avevamo entrambi qualcosa da dire. Cesare per avere avuto con Nino una profonda amicizia e una prolifica produzione di scrittura narrativa e saggistica negli ultimi dieci anni. Luigi per avere misteriosamente intessuto, lungo tutta la sua vita, un legame con lui, una appartenenza alla medesima schiatta di artigiani, artisti, narratori, politici, storici, ribelli e costruttori.
Dopo Vitaliano Ravagli, il Vietcong romagnolo, e Marco Pantani, attraverso la scrittura di Marco Martinelli, Saturno Nino Carnoli è la terza figura di uomo romagnolo che Luigi si trova ad affrontare. Il primo scoperto, grazie a Renata Molinari, leggendo un romanzo dei Wu Ming, l’altro noto in tutto il mondo, e ora Saturno, conosciuto da sempre e riscoperto attraverso le sue opere, i suoi libri e le parole di molte persone che hanno sentito il bisogno di dare testimonianza del rapporto che le legava a lui, del proprio debito affettivo e morale nei suoi confronti.
Un rito della memoria, una narrazione, un teatro di oggetti, di figure, di dipinti. Un cerchio unico per attori e spettatori, tutti immersi nella stessa luce. Quando tutto finirà sarebbe meglio non tornare come prima. (Cesare Albertano e Luigi Dadina)