Trama o descrizione dello spettacolo:
La storia della Minestra di sasso narra di un viandante che, durante il suo percorso, affamato, raggiunge un villaggio e non trova ospitalità per la paura e la diffidenza degli abitanti. Solamente attraverso un espediente riuscirà a saziarsi: improvvisa un fuoco nella piazza del paese e, dopo aver chiesto in prestito una pentola, mette a bollire un sasso di fiume. La curiosità prende il sopravvento sulla diffidenza e ben presto tutti gli abitanti del posto desiderano aggiungere qualcosa, chi il sale, chi una verdura, all’ingrediente segreto che bolle in pentola. La fiaba termina con una festa a cui partecipano tutti allegramente, condividendo il poco che ciascuno ha da cui scaturisce, conviviale, un bene comune.
Temi prevalenti:
Promuovere tra i bambini dinamiche di condivisione, collaborazione e accoglienza. La consapevolezza della ricchezza di ognuno che, apparentemente di poco conto, può trasformarsi, se condivisa, in importante risorsa per la collettività. La condivisione di risorse e di cultura è farina che sfama popoli da qualsiasi fame. La festa può essere occasione di conoscenza e opportunità per stringere amicizie anche insolite
Tecniche e linguaggi teatrali utilizzati:
L’attore in scena agisce e interagisce con tanti elementi, manipolandoli, giocando con essi. Il lavoro di questi elementi che si aggiunge, che supporta, che subentra a quello dell’attore è quello fatto sui pupazzi, sulle immagini, sugli oggetti (spesso recuperati, rielaborati) così che il lavoro dell’attore si arricchisce di quello dell’animatore. La musica, curata da Antonella Piroli, detta i tempi e crea dialogo. Diviene in questo modo non una didascalia o un accompagnamento, ma protagonista delle varie scene, al pari di attori e oggetti. La scenografia e gli oggetti sono realizzati dalla Scuola Arti e Mestieri di Cotignola e hanno il compito di creare lo spazio della fiaba.
Metodo di lavoro:
Il tempo nelle fiabe è sospeso e di conseguenza il luogo dell’azione si trasforma, diviene un luogo universale, un’illustrazione, una finestra, attraverso la quale il pubblico si abbandona all’immaginazione, alla possibilità di vedere quello che sulla scena non c’è, ma che la composizione delle immagini suggerisce. La luce tremolante del fuoco in alcuni momenti rende più calda un’atmosfera ricca di colore. Gli oggetti inanimati prendono vita, attraverso la tecnica di relazione con l’attore, animazione, trasformazione, movimento nella quale Danilo Conti è maestro.
Fonti utilizzate:
La fiaba a cui è ispirato lo spettacolo si perde nelle trame del tessuto popolare fitto di storie, racconti, aneddoti. Risale a epoche in cui giramondo, vagabondi, soldati reduci da battaglie campali che tentavano di ritornare a casa durante i loro viaggi – di solito affrontati a piedi e senza risorse – incontravano gli abitanti di villaggi o piccole città sul loro percorso. Stranieri sconosciuti che chiedevano ospitalità e ristoro e che alle volte riuscivano a ingegnarsi e, con qualche espediente, sapevano conquistare la fiducia degli abitanti dei luoghi che attraversavano e soprattutto risvegliavano in questi ultimi sentimenti e sensazioni dimenticate o sopite.
Percorso di ricerca teatrale:
Le fiabe sono fatte per essere raccontate ai bambini, e diversi sono i modi per poterle raccontare. Anche i genitori, leggendo le fiabe ai figli, diventano narratori, cercando di raccontare i fatti creando un’atmosfera che catturi l’attenzione di chi l’ascolta interpretando i personaggi e differenziando le voci. La nostra ricerca è partita proprio dal lavoro sulle diverse modalità per destare e mantenere – attraverso la gioia, il coinvolgimento e il piacere dell’ascolto – l’attenzione dei più piccoli.