Nella sola Norvegia, Abrahams Barn di Svein Tindbergha superato i 150.000 spettatori, diventando un vero e proprio “Blockbuster” del Teatro di narrazione. Tradotto e diretto da Gianluca Iumiento, adattato e interpretato, in esclusiva per l’Italia, da Stefano Sabelli,Figli di Abramo è una sorta di Mistero Buffo incentrato su vita e dinastia di Abramo, Patriarca e Profeta comune all’Ebraismo, al Cristianesimo e all’Islam. Il monologo mette in scena il diario di viaggio di un attore, che da Gerusalemme si mette alla ricerca dell’Abramo perduto. La storia dell’uomo che da 4 millenni è riferimento di fede per miliardi di persone sulla Terra, è narrata in modo colto ma pure con grande ironia e divertimento. Sono così, rievocati mito e leggenda del primo profeta monoteista dell’Umanità. Un vero innovatore che a Ur dei Caldei, dov’era nato, in Mesopotamia, rifiutò l’idolatria dei suoi tempi, per credere in un solo e unico Dio creatore.
Da ribelle ai facili idoli, Abramo, divenne, per questo, il primo esule braccato dell’Umanità e il suo perenne peregrinare – dalla Mesopotamia all’Egitto, dalla Cisgiordania alla Penisola arabica, dal Mar Rosso al Mediterraneo – fu teso alla ricerca e all’approdo della Terra promessa.
Figli di Abramo, indaga l’origine delle tre grandi fedi monoteiste, entrando nel merito della loro comune discendenza abramitica. Racconta però anche la Storia di conflitti perenni e incomprensibili fra popoli, perpetrati in nome dello stesso Abramo, dei suoi figli – Ismaele e Isacco – e poi dei figli dei suoi figli. Popoli che, dalla lettura comparata e spesso sorprendente dei testi sacri, Torah, Vangelo, Corano, dovrebbero considerarsi fratelli gemelli.
Tutti i tre grandi testi monoteisti, in realtà, indicano Abramo come patriarca e capostipite, sia delle 12 tribù d’Israele, da cui nasce e si diffonde prima il Giudaismo e poi il Cristianesimo, sia delle 12 tribù arabiche, da cui nasce e si diffonde l’Islam. Tutti i discendenti di tali tribù si considerano perciò, giustamente, “figli di Abramo”. Il Problema, semmai, è nel fatto che ognuno racconti poi la Storia di Abramo – Abraham o Ibrahim, che dir si voglia – pro domo sua… Anzi, pro fede sua!
In Europa, come in Medio Oriente, o ovunque i Figli di Abramo oggi vivano, più che raccontare i danni procurati da integralismi e conflitti di religione bisognerebbe, perciò, cercare di narrare la storia di una florida interazione culturale, intellettuale e spirituale, dove le tre grandi fedi, vivendo vicine, l’una accanto all’altra, si sono in realtà reciprocamente arricchite di valori comuni e universali che, insieme, hanno segnato molto del cammino dell’Umanità.
Temi che questo spettacolo affronta fin dalle prime battute, affascinando con una affabulazione fatta di mille storie e mille miti, connessi con Abramo, che s’intrecciano fra loro, generando nuove storie e nuove tradizioni. Miti e Riti che ci sembra, forse, di aver dimenticato ma che sono fondamento e DNA delle nostre civiltà, delle nostre comunità, delle nostre complessità.